di Giorgio Cirilli
All’Auditorium del Carlo Felice, opera di Aldo Rossi dei bei tempi un cui tutta la città partecipava alle scelte per la ricostruzione, è suonato un “campanello d’allarme”! Con il brio ed il garbo che solo chi è educato alla musica conosce, un quintetto d’archi (violini,violoncello,contrabbasso) ha messo in scena una drammatica e amara parodia dei nostri tempi ”L’Arte e i il Profitto” di Elio Veniali, con un soundtrack classico ma con intromissioni “leggere”.
Sul sottofondo gracchiante, illustrato da grafica efficace, di farneticazioni ministeriali in cui gli “artisti” sono rappresentati come parassiti della società con cori di ignoranti plaudenti, si è mostrato come le manifestazioni dell’Arte, a partire dalla musica, sono patrimonio fondante della nostra cultura.
L’allegoria propone l’arrivo del Profitto, in rappresentazione scenica di yuppy, che si vuole appropriare della musica, per una sua utilità economica. Gli orchestrali sono privati del loro mezzo espressivo la musica non esce più dai loro strumenti. Entra in scena l’ Arte che cerca di contendere al profitto la sua libertà di espressione, ma nella la disputa soccombe perché uccisa dalla escortizzata Ignoranza che tutto mercifica. E’ facile leggere l’attualità del caso nel tempo in cui alla Cultura sono sottratti i finanziamenti; azzeramento del FUS, l’IMU… mortacci sua! ma chi produce questi lugubri acronimi?
Ricordate Dante (…) fatti non foste (…), ma oggi ci stiamo abbrutendo davvero? All’Architettura è già successo. Per Gregotti “La fine dell’Architettura”, per Benevolo “La fine delle città”, è rimasta solo l’esibizione fashion di stilisti da City Life e Expò 2015, cosa possono fare gli architetti per la Società dei nostri tempi? Nulla! Anche la qualità dell’Architettura è sparita?
Le “scene” sono state occupate dalla politica, lo spettacolo lo vogliono fare loro in una voglia bulimica di POTERE, gli Artisti sono loro. “L’Arte ed in Profitto” come appena rappresentata dai bravi artisti intervenuti, dovrebbe essere riproposta per “grandi e piccini” perché è un esempio intelligente di come si produce cultura oggi nel momento in cui viene negata.