Questi illustri precedenti, di una piattaforma capace di operare su fondali profondi fino a 3000 metri, stridono se confrontati con le condizioni in cui operava prima del grave incidente nel Golfo del Messico. Ma una diversa lettura dei fatti può essere effettuata se l’incidente si contestualizza con una serie di incidenti (incendi e sversamenti in mare) registrati dalla US Coast Guard tra il 2000 ed il 2010 oltre al manifestarsi di chiari segnali di allarme nelle ore antecedenti l’esplosione.
Il
20 aprile 2010, mentre la trivella della Deepwater Horizon stava completando il Pozzo Macondo ad oltre 1500 mt di profondità al largo della
Louisiana, un'
esplosione sulla piattaforma fece innescare un violentissimo
incendio; il bilancio fu di 11 persone scomparse e 17 lavoratori feriti.
In seguito all'incendio la flotta della
BP tentò invano di spegnere le fiamme, oltre a recuperare i superstiti; due giorni dopo la piattaforma si rovesciò, affondando e depositandosi sul fondale.
Il malfunzionamento delle
valvole di sicurezza presenti all'imboccatura del pozzo sul fondale marino e la formazione di falle nella tubazione causò il versamento massivo ed incontrollato del petrolio che si protrasse per 106 giorni, fino al 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio dispersi in una vasta area del fondale e, in sospensione nelle acque di fronte a Luisiana, Mississippi, Alabama e Florida. Impressionanti sono le immagini riprese dal satellite e che dimostrano quanto ampia sia stata l’area marina e costiera interessata dall’inquinamento. I primi interventi hanno riguardato lo spargimento di solventi per diluire il petrolio, poi l’innesco di incendi controllati per bruciare il greggio; successivamente, con l’ausilio di robot, la BP ha prima individuato due falle e successivamente cercato di interrompere la fuoriuscita in mare azionando una valvola di sicurezza, ma le pessime condizioni del mare hanno intralciato le operazioni. Infatti, un altro dato da considerare è la peculiarità che il Golfo del Messico è stagionalmente interessato da tempeste tropicali ed uragani anche di forte intensità (es. uragano Katrina). L’incidente ha inoltre messo in luce una grave criticità: le prime operazioni per la chiusura delle falle sono state ostacolate anche dalle difficoltà insite in un intervento subacqueo da effettuare a 1500 mt. di profondità; rimangono delle forti perplessità su come avrebbero potuto intervenire qualora l’incidente fosse avvenuto con il pozzo situato ad una profondità maggiore. La stessa BP si è dichiarata impreparata ad una situazione così particolare ed imprevedibile, ma è stata smentita dalla pubblicazione di un esperimento datato 2000, il "DeepSpill Joint Industry Project", effettuato al largo delle coste norvegesi per valutare gli effetti di una fuoriuscita di petrolio in acque profonde. Dopo circa un mese dal disastro si tentò di applicare, senza successo, una gigantesca cupola in cemento ed acciaio per chiudere le perdite e recuperare il greggio. Fu poi installato un imbuto rovesciato per intercettare il combustibile e venne presa la decisione di testare un secondo tappo mentre si procedeva con la trivellazione di due pozzi sussidiari di emergenza per la chiusura della falla con il versamento di fango e cemento. La fuoriuscita di greggio pare ormai eliminata dai primi di agosto del 2010, ma le criticità e i danni sono lontani dall’essere risolti.